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Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna

Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna

Il Parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna è un’area protetta italiana, istituita nel 1993 ed identificata con i Codici WDPA 64511 ed EUAP 0016.
Questo Parco è situato nell’Appennino tosco-romagnolo e si trova lungo il confine delle regioni Emilia-Romagna e Toscana, a cavallo tra le province di Forlì-Cesena, Arezzo e Firenze.
Il 7 luglio 2017 la Commissione UNESCO ha inserito la Riserva naturale integrale di Sasso Fratino e le faggete vetuste ricomprese nel perimetro del parco, nel Patrimonio Mondiale dell’Umanità all’interno del sito seriale Primeval Beech Forests of the Carpathians and Other Regions of Europe.
Il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna è una grande area protetta nell’appennino tosco-romagnolo, comprendente boschi e foreste tra i più estesi e meglio conservati d’Italia, custode di un elevato patrimonio floristico e di una fauna di grande interesse che annota il lupo e l’aquila reale tra i grandi predatori e diverse specie di ungulati. Le foreste e i numerosi ambienti naturali fanno da cornice ai segni di una millenaria presenza dell’uomo: borghi, mulattiere e soprattutto due santuari di assoluto fascino come Camaldoli e La Verna.
Per la varietà dei suoi ambienti, il territorio è suddiviso in quattro zone, classificate secondo il regime di tutela al quale sono sottoposte:

– “Zona A di riserva integrale”: che comprende aree di eccezionale valore naturalistico, in cui l’antropizzazione è assente o di scarso rilievo e nelle quali l’ambiente naturale è conservato nella sua integrità; sono destinate alla salvaguardia ed al mantenimento degli equilibri biologici ed ambientali in atto, alla prevenzione ed all’eliminazione di eventuali fattori di disturbo endogeni ed esogeni. Con una superficie di circa 924 ettari, questa area comprende le Riserve Naturali Integrali di Sassofratino, della Pietra e di Monte Falco;
– “Zona B”: è la zona nella quale le attività consentite sono finalizzate al miglioramento della complessità degli ecosistemi, al mantenimento di equilibri naturali e colturali, all’esaltazione ed alla conservazione degli elementi di forte caratterizzazione paesaggistica, storica, monumentale, ancorché non coerenti con le caratteristiche di naturalità peculiari della zona stessa. La naturalità è mantenuta attraverso la mera protezione, l’intervento attivo dell’Ente ed il mantenimento dei soli usi didattici, educativi,divulgativi, ricreativi ed agro-silvo-pastorali tradizionali, compatibili con la conservazione delle caratteristiche di massima naturalità. È costituita per buona parte dalle Foreste Demaniali Regionali, dalle Riserve Naturali Biogenetiche statali di Camaldoli, Scodella, Campigna e Badia Prataglia, e dal Santuario francescano della Verna;
– “Zona C”: quest’area è caratterizzata dalla presenza di risorse naturali, paesaggistiche ed ambientali meritevoli di protezione e valorizzazione. Comprende aree di interesse naturalistico, caratterizzate dal fatto che l’attività umana ha conformato l’aspetto dei luoghi e l’ambiente portandolo allo stato attuale meritevole di protezione, le quali dovranno essere oggetto di tutela paesaggistica attraverso il mantenimento dell’equilibrio tra il sistema insediativo e quello naturale;
– “Zona D”: comprende tutti i centri urbani e le loro previste espansioni, nonché aree a destinazione produttiva tradizionale, piccoli centri di valore storico e di valenza turistica.
Il Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna si sviluppa all’interno di tre Provincie e di numerosi Comuni:
– Provincia di Forlì-Cesena (18.200 ha) con i Comuni di Bagno di Romagna, Portico e San Benedetto, Premilcuore, Santa Sofia, Tredozio;
– Provincia di Arezzo (14.100 ha) con i Comuni di Bibbiena, Chiusi della Verna, Pratovecchio Stia, Poppi;
– Provincia di Firenze (3.900 ha) con i Comuni di Londa, San Godenzo.
Ma la grande ricchezza del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna, oltre ai bellissimi e ben conservati paessaggi, è rappresentata dalla flora e dalla fauna di indiscutibile valore ecologico.

La flora del Parco:
– all’interno del Parco troviamo 37 specie e sottospecie di Felci e Licopodi (più di un terzo delle entità italiane) e 44 specie di Orchidee (il 66% di quelle presenti in Emilia-Romagna e il 58% della Toscana). 845 specie fungine presenti, alcune delle quali prime e uniche in Italia, e addirittura nuove al mondo scientifico, tra cui Botryobasidium sassofratinoense, specie nuova mai descritta prima, ritrovata all’interno della Riserva Integrale di Sasso Fratino. Tra le nuove scoperte citiamo inoltre il recente ritrovamento dell’Allium victorialis, prima e unica stazione della catena appenninica. Il Parco racchiude inoltre la Riserva naturale Sasso Fratino, la quale comprende tratti di foresta che si sono conservate nella condizione più prossima alla massima “naturalità”. Le diverse tipologie di vegetazione, nel loro complesso, si possono così riassumere:
a) Le faggete ed abetine – I boschi di faggio (Fagus sylvatica) costituiscono in tutto l’Appennino la vegetazione più caratteristica e rappresentativa dell’orizzonte montano. Nell’intervallo altitudinale compreso tra circa 900–1000 m e le quote più elevate, il faggio tende a formare popolamenti in cui risulta nettamente dominante. Talvolta le faggete sono state sostituite da abetine di abete bianco (Abies alba), storicamente favorito dall’uomo per scopi selvicolturali. Nelle aree meglio conservate troviamo numerose altre latifoglie, quali frassino maggiore (Fraxinus excelsior), aceri (Acer platanoides, Acer pseudoplatanus, Acer opalus s.l.), tiglio selvatico (Tilia platyphyllos), olmo montano (Ulmus glabra). Tale vegetazione montana, ricca di specie arboree, è molto rara nell’Appennino e la sua presenza relittuale è di notevole interesse naturalistico. È nelle faggete di bassa quota e nei boschi misti mesofili di contatto che si possono trovare individui di tasso (Taxus baccata) e agrifoglio (Ilex aquifolium), elementi rari e protetti in Emilia-Romagna.
b) Monte Falterona – costituito da querceti e boschi misti di latifoglie decidue. Questi occupano la fascia collinare e basso-montana, fino ad altitudini di circa 900–1000 m. Le costituenti arboree principali sono le querce decidue (Quercus cerris e Quercus pubescens, raramente Quercus petraea), il castagno (Castanea sativa), i carpini bianco e nero (Carpinus betulus e Ostrya carpinifolia), l’acero opalo (Acer opalus s.l.). Generalmente il piano arboreo è meno omogeneo di quello delle faggete, e gli strati arbustivo ed erbaceo sono più ricchi di specie.
c) I Castagneti. Purtroppo con la diffusione delle malattie del castagno e lo spopolamento delle aree montane molte di queste selve sono state abbandonate e convertite in cedui o fustaie. Ciò nonostante i castagneti da frutto sono ancora piuttosto diffusi sia nel versante romagnolo che in quello toscano del Parco.
d) Arbusteti e cespuglietti. Gli arbusteti presenti sono generalmente da considerare come stadi secondari derivanti dalla colonizzazione di radure erbose abbandonate, in quanto le altitudini modeste non permettono lo sviluppo di brughiere subalpine primarie, con eccezione della cima di Monte Falco in cui troviamo lembi residuali relitti. Alle quote superiori troviamo mirtillo (Vaccinium myrtillus) e brugo (Calluna vulgaris), o cespuglieti con ginestra dei carbonai (Cytisus scoparius) e felce aquilina (Pteridium aquilinum). A quote inferiori troviamo prugnolo (Prunus spinosa), rovi (Rubus sp. pl.), biancospino (Crataegus monogyna), rosa selvatica (Rosa canina s.l.), ginepro comune (Juniperus communis), pero selvatico (Pyrus pyraster), e sanguinello (Cornus sanguinea).
e) Prati e pascoli. Parecchie sono le aree a pascolo, anch’esse di origine secondaria in quanto derivate dalla distruzione di formazioni forestali avvenuta in tempi lontani. Le praterie montane, indicate spesso anche col nome generico di “nardeti”, sono principalmente costituite da Nardus stricta e Festuca sp. pl. I prati e i pascoli delle quote submontane risentono invece maggiormente del tipo di disturbo antropico attuato e sono principalmente costituite da Bromus erectus e Brachypodium rupestre.
f) Pratelli erbosi su cenge rocciose. Alle quote superiori, localizzati sulle rupi esposte a settentrione presso la cima del M. Falco, troviamo residui di vegetazione subalpini di periodi più freddi, in cui queste specie avevano diffusione ben maggiore. Tra queste citiamo l’Anemone a fiori di narciso (Anemone narcissiflora), la Sassifraga a foglie opposte (Saxifraga oppositifolia), la Genziana verna (Gentiana verna) e la Viola di Eugenia (Viola eugeniae), simbolo della flora italiana e caratteristica dei massicci appenninici dell’Italia centrale, che raggiunge qui il suo limite settentrionale di distribuzione.

La Fauna del Parco:
La fauna del Parco si caratterizza per la più importante popolazione di lupo dell’Appennino settentrionale, stimata in una cinquantina di esemplari, suddivisi in 9 ipotetici branchi distribuiti su tutto il territorio del Parco. Uno dei fattori che ha favorito il lupo sul territorio della specie, insieme alla vastissima copertura forestale, è la consistente presenza di cinque specie di ungulati: cinghiale, capriolo, daino, cervo e muflone.
Tra i micro e i meso mammiferi possiamo si possono annoverare 21 specie presenti con certezza sul territorio delle Riserve Biogenetiche e quindi nel Parco Nazionale stesso, tra cui molto comuni sono la volpe, la lepre, la talpa europea e la talpa cieca, lo scoiattolo rosso, l’istrice ed il riccio. Tra i Mustelidi è confermata la presenza di tasso, donnola, faina e puzzola, mentre necessita di conferme la presenza di Martora. Per quanto riguarda i Chirotteri all’interno del Parco oggi troviamo 15 specie che rappresentano la metà della fauna nazionale.
Tra gli uccelli, sono presenti come nidificanti o di passo complessivamente 139 specie, di cui 100 presenti con regolarità nel corso dell’anno e 77 nidificanti. Tra queste alcune presentano una distribuzione prettamente centro europea come il Rampichino alpestre ed il Ciuffolotto, altre invece mediterranea come l’Occhiocotto e la Sterpazzolina. Tra le specie di ambienti aperti citiamo come nidificanti il Calandro, l’Averla piccola, Tottavilla, lo Strillozzo, l’Allodola, lo Zigolo nero, il Fanello ed il Prispolone, mentre come specie di passo, il Culbianco, lo Stiaccino ed il Codirossone, specie che erano presenti come nidificanti in alcune praterie d’altitudine fino a pochi anni addietro. Tra i Piciformi annoveriamo 6 specie, ovvero Torcicollo, Picchio rosso minore, Picchio rosso maggiore, Picchio verde e Picchio nero.
Tra i rapaci diurni troviamo complessivamente 22 specie per le quali si hanno informazioni, recenti o passate, per la zona del Parco. Tra queste sono sette le specie certamente nidificanti, ovvero: il Falco pecchiaiolo, l’Astore, lo Sparviere, la Poiana, l’Aquila reale, il Gheppio e il Falco pellegrino. Non è certa la nidificazione del Lodolaio, sporadica la presenza del Biancone e dell’Albanella minore. Tra i rapaci notturni, oltre a Barbagianni, Civetta, Allocco e Gufo comune, troviamo l’importante presenza del Gufo reale, specie che sta conoscendo a livello regionale un drastico calo delle presenze.
Per quanto riguarda gli anfibi e i rettili, sono 23 le specie di Anfibi e Rettili, ovvero un terzo degli anfibi italiani ed un quinto dei rettili italiani. Vanno ricordati tra gli anfibi urodeli la Salamandra pezzata, la Salamandrina dagli occhiali, il Geotritone italiano, il Tritone alpestre o montano, il Tritone comune o punteggiato, il Tritone crestato italiano; tra gli anfibi anuri citiamo l’importante presenza dell’Ululone dal ventre giallo, endemismo appenninico. Tra i rettili sultano diffusi nel Parco la Biscia dal collare, il Colubro di esculapio, il Biacco, il Colubro liscio, il Colubro di riccioli, la Biscia tassellata e la Vipera comune.
Tra gli invertebrati si possono annoverare 230 specie di Carabidi presenti nell’area del Parco (il 17% sono persone delle entità italiane e il 43% di quelle di Emilia-Romagna e Toscana), 118 di Cerambicidi (oltre il 55% delle entità italiane e il 78% di quelle dell’Emilia-Romagna), 845 di Farfalle e Falene (un dato piuttosto consistente se confrontato con quelli delle località appenniniche vicine).

Guido Bissanti




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