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Spietramento

Spietramento

Col termine spietramento si intende, in agronomia, una lavorazione eseguita con macchine specifiche allo scopo di ridurre l’eccessiva presenza di scheletro (pietre di diverse dimensioni) in superficie o anche in profondità.
Lo spietramento è una lavorazione del terreno a carattere straordinario, eseguita nella fase di preparazione di un terreno naturale per destinarlo ad usi agricoli.
L’operazione dello spietramento rientra nelle opere di bonifica e miglioramento fondiario in quanto tende ad eliminare lo scheletro grossolano, soprattutto di maggiori dimensioni, che rappresenta un ostacolo per la meccanizzazione di alcune specifiche operazioni colturali.
La presenza di pietre di dimensioni maggiori ostacola alcune operazioni agronomiche; tra queste ricordiamo:
– la semina a righe, in particolare quella di precisione, e la semina a spaglio con semi minuti;
– le lavorazioni complementari o quelle di coltivazione eseguite con organi lavoranti discissori o rimescolatori mossi dalla presa di potenza del trattore;
– la raccolta meccanica eseguita con macchine provviste di barra falciante e di aspo raccoglitore.
L’operazione dello spietra mento consente, pertanto, di ottenere superfici più omogenee e letti di semina più accurati, di ridurre le dosi di semina e le fallanze, di aumentare la resa e la precisione della raccolta meccanica.
Questa operazione è utile soprattutto nelle coltivazioni erbacee soprattutto in regime di agricoltura intensiva ad alto grado di meccanizzazione, li dove la coltivazione richiede una superficie regolare e una copertura omogenea, come ad esempio la foraggicoltura.
Lo spietra mento si rivela utile anche nelle coltivazioni arboree soprattutto quando s’intende impiegare macchine composte da organi rotativi soggetti a facile usura, come le zappatrici rotative e i trinciaresidui.
La tecnica dello spietramento risale alla notte dei tempi e, attraverso questa operazione si provvedeva alla raccolta ed all’accumulo delle pietre per la creazione di muretti a secco di delimitazione o per opere di terrazzamento.
Negli anni passati lo spietramento si eseguiva soprattutto manualmente; con questa operazione le pietre, a iniziare da quelle di maggiori dimensioni, venivano rimosse manualmente ogni volta che affioravano in occasione delle lavorazioni principali e disposte in cumuli ai bordi dei campi oppure utilizzate per realizzare, appunto, opere di muratura. Questa pratica operata fino alla metà del secolo scorso manualmente è stata gradualmente cambiata con l’avvento di macchine specifiche.

Oggi lo spietramento meccanico si esegue con due differenti tipologie di macchine:
– Macchine spietratrici che effettuano un vaglio meccanico del terreno fino ad una certa profondità, facendo affiorare le pietre di una certa dimensione e raccogliendole oppure disponendole in cumuli da rimuovere con altri mezzi meccanici;
– Macchine spietratrici che effettuano una frantumazione dello scheletro superficiale fino a dimensioni che sono compatibili con le finalità previste. Questa operazione si può eseguire solo quando lo scheletro è composto da elementi litologici derivati da rocce tenere (calcari, tufi, arenarie, ecc.).
La tecnica dello spietramento, che in passato rispondeva ad un intervento graduale e di miglioramento delle superfici da coltivare, con l’avvento della meccanizzazione è divenuta una pratica, spesso abusata e senza spesso una valutazione più complessiva dell’intervento.
L’agricoltura intensiva si è mossa infatti con criteri di sola convenienza economica degli interventi (tra cui lo spietramento) senza valutare spesso altri effetti di lungo periodo, che se non valutati coerentemente conducono a problematiche ecologiche di difficile soluzioni.
Pure se infatti l’eliminazione di una parte dello scheletro può conferire una serie di vantaggi, di immediato ritorno economico, a lungo andare può comportare notevoli difetti quali:
– l’abbassamento in modo considerevole del piano di campagna, esponendo il terreno a fenomeni di ristagno superficiale. Una depressione locale ha infatti un’azione di richiamo delle acque di deflusso sia superficiale sia sottosuperficiale dai terreni circostanti. Il rischio è elevato in caso di presenza elevata di scheletro: terreni con il 30-40% di scheletro possono subire un abbassamento di quota di 10-15 cm qualora si asporti lo scheletro nei primi 40 cm di terreno;
– perdita di coerenza di alcuni substrati che in mancanza di scheletro tendono a subire maggiormente gli effetti erosivi degli agenti atmosferici;
– diminuzione dell’aerazione degli strati superficiali del suolo con maggiore difficoltà di assorbimento degli elementi nutritivi (quali soprattutto ferro ed altri microelementi);
– variazione dei sistemi di circolazione delle acque superficiali e sotterranee con effetti spesso negativi non più risolvibili una volta che lo scheletro è stato asportato.
– variazione della microflora e microfauna del suolo con modifiche sostanziali delle caratteristiche della biodiversità dello stesso.
Nelle metodiche di un’agricoltura più conservativa, pertanto, lo spietramento va valutato non solo è tanto con un’analisi costi benefici diretti ma nell’ottica del rendimento complessivo del sistema agroecologico ante e post intervento.




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