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Fagopyrum esculentum

Fagopyrum esculentum

Il grano saraceno (Fagopyrum esculentum Moench, 1794) è una specie erbacea appartenente alla famiglia delle Polygonaceae.

Sistematica –
Dal punto di vista sistematico appartiene al Dominio Eukaryota, Regno Plantae, Divisione Magnoliophyta, Classe Dicotyledonae, Ordine Polygonales, Famiglia Polygonaceae, Sottotribù Eupolygonaceae e quindi al Genere Fagopyrum ed alla Specie F. esculentum.

Etimologia –
Il termine Fagopyrum è un po’ controversa; secondo alcuni proviene dal greco φᾰγᾶς phagas ghiottone e da πυρός pyrós grano, frumento: quindi una ghiotta granaglia; secondo altri dalla combinazione del latino fagus (faggio), per via degli acheni triangolari simili a quelli delle faggiòle, e dal greco πυρός pyrós, grano, frumento. L’epiteto specifico esculentum deriva da esca cibo, alimento: mangereccio, edule, commestibile.
Riguardo al nome ordinario esistono diverse ipotesi, per la prima si chiamerebbe grano saraceno perché diffuso in Italia dai commercianti saraceni (arabi), per la seconda il termine sarebbe ispirato al colore dei chicchi scuri come i saraceni.

Distribuzione Geografica ed Habitat –
Il Grano Saraceno è una pianta originaria di un’area dell’Asia compresa tra la Manciuria o Siberia e, di recente, alcuni ricercatori hanno indicato la zona dell’Himalaia orientale come probabile centro di addomesticazione primario. Fu introdotto in Europa, attraverso la Russia, nel Medioevo. Questa specie è oggi ancora diffusa in Russia, mentre in Europa si limita ad alcune zone della Francia e della Germania. In Italia è presente nelle province di Bolzano e Sondrio.

Descrizione –
Il Grano Saraceno è una pianta erbacea con radice a fittone poco sviluppato, con fusto cilindrico, glabro, eretto, cavo, di colore rosso o verdognolo che raggiunge un’altezza che varia, a seconda delle varietà, dai 60 ai 120 centimetri.
Ha foglie alterne, lanceolate, provviste alla base di una formazione stipolare caratteristica, detta ocrea. L’infiorescenza ascellare o terminale è costituita da racemi corimbiformi, ermafroditi, senza petali, con cinque sepali con fiori bianco-rosei o verdastri.
I fiori presentano una eterostilia dimorfa: si possono riscontrare, infatti, fiori con lunghi pistilli e corti stami (tipo pin) e fiori con corti pistilli e lunghi stami (tipo thrum).
L’impollinazione, incrociata, può essere sia anemofila che entomofila. Non tutti i fiori danno origine ai semi. Il frutto è un achenio con forma triangolare, al cui centro è posto l’embrione.

Coltivazione –
Il grano saraceno è una pianta caratterizzata da un accestimento rapido, caratteristica che le da un’alta competitività con qualsiasi altra pianta; ha, inoltre, una elevata sensibilità alle basse temperature e alla siccità prolungata.
Per queste caratteristiche il grano saraceno, nelle zone a clima continentale più rigido, deve essere seminato a primavera inoltrata, su terreno ben concimato (con concime organico o minerale) e arato superficialmente, distribuendo da 50 a 100 kg/ha di seme in relazione al peso e alle modalità di semina (a spaglio o a righe).
È una specie con esigenze nutritive medie, con buona esigenza in potassio e per la sua coltivazione, durante l’accestimento, non sono necessarie particolari cure durante la crescita ma è opportuno che ci siano un buon numero di alveari vicino ai campi di coltivazione.
Per quanto riguarda la raccolta si ricorda che questa non può avvenire a maturità completa dei semi, basta solo che la maggior parte dei frutti abbia preso un colore più o meno scuro. La raccolta va eseguita a mano con la falce o col falciuolo. I covoni si lasciano sul campo 15-20 giorni, affinché possa avvenire la maturazione completa dei semi; poi si esegue la trebbiatura. Per ettaro si ha una resa di 15-20 quintali di granella e 30 quintali di paglia.
La coltivazione da foraggio invece viene falciata poco dopo l’inizio della fioritura e si ha una produzione verde di 120-150 quintali ad ettaro. In terreni poco fertili può essere coltivata come pianta da sovescio. Per la tecnica di coltivazione in biologico si rimanda alla seguente scheda.

Usi e Tradizioni –
Il grano saraceno, sia per le sue caratteristiche nutrizionali ed alimentari, è stato sempre collocato commercialmente tra i cereali, pur non appartenendo alla famiglia delle Gramineae, in quanto il termine cereale non è botanico e scientifico bensì merceologico e letterario. Il grano saraceno è naturalmente senza glutine.
La coltura del grano saraceno si è propagata in Cina nel X secolo e in Occidente durante il Medioevo.
Fu appunto nel tardo Medioevo che la pianta raggiunse l’Europa arrivando sulle coste del mar Nero e poi nel Meclemburgo e nell’Eifel (Germania) dove viene documentata nel XV secolo con il nome di Heenisch, cioè l’odierno Heidenkorn, vale a dire “grano dei pagani”.
Successivamente nel XVII secolo giunse in Svizzera dove è conosciuta con il nome di Heyden o Heidenkorn, mentre a metà del XVI secolo la pianta è documentata per la prima volta in Italia in un atto relativo alle proprietà della famiglia Besta di Teglio in Valtellina con il nome di formentone. Sull’argomento ci informa il medico e botanico senese Mattioli quando riferisce che ai suoi tempi i contadini, abitanti ai confini dell’Italia con la Germania, usavano la farina del grano saraceno per fare la polenta.
Con il tempo il grano saraceno divenne uno degli alimenti fondamentali nella dieta dei contadini della Valtellina e dell’arco alpino, consumato sotto forma di zuppe o minestre. Nella gastronomia valtellinese odierna sono famosi: i pizzoccheri, la polenta “taragna” (pasticciata con i formaggi). i chisciol, e gli “sciatt” (pezzetti di formaggio, tuffati in una pastella preparata con acqua, grappa e grano saraceno).
Successivamente la pianta venne introdotta, nel 1621, nel Ducato di Modena ad opera del commerciante di origine ebraica Donato Donati.
Il Fagopyrum esculentum è una pianta mellifera, da cui si può ottenere del miele monoflorale in zone con estese coltivazioni.
Il grano saraceno contiene un glucoside denominato rutina, un composto fitochimico che tonifica le pareti dei vasi capillari riducendo il rischio di emorragie nelle persone affette da ipertensione e migliorando la microcircolazione nelle persone con insufficienza venosa cronica.
Il grano saraceno contiene, inoltre, D-chiro-inositolo, un componente del sistema di messaggeri secondari per la trasduzione del segnale dell’insulina che si è riscontrato essere carente nel diabete di tipo II e nella sindrome dell’ovaio policistico (SOPC). Sono in corso studi sul suo uso nel trattamento del diabete di tipo II.
Inoltre, secondo dei riscontri, una proteina del grano saraceno si lega saldamente al colesterolo. Sono in corso studi sul suo uso per ridurre il colesterolo plasmatico nei soggetti che presentano iperlipidemia.
È importante sapere che il grano saraceno è un potente allergene in grado di indurre, in pazienti sensibilizzati, anche reazioni acute quali l’anafilassi. I casi di anafilassi indotti dall’ingestione di grano saraceno sono stati riportati soprattutto in Giappone e Corea, e recentemente anche in Europa, specialmente in Italia, dove il grano saraceno è stato descritto essere un “allergene nascosto”. Le reazioni allergiche, anche gravi, indotte dall’ingestione accidentale di grano saraceno come allergene nascosto in alimenti quali la pizza o altri prodotti con farinacei, non sono così rare.

Modalità di Preparazione –
Il grano saraceno si può preparare in diversi modi. Si consuma nelle minestre, specialmente di verdure e, in forma di farina, per la preparazione della polenta taragna, della polenta saracena, delle crespelle e della pasta alimentare (famosi i pizzoccheri e le manfrigole della Valtellina, la soba giapponese e i bliny (блины) russi) o anche come porridge come la kasha e la greckha della cucina slava e per la preparazione di dolci o biscotti.
Le foglie di grano saraceno essiccate, da usare per infusione, vengono commercializzate in Europa sotto il marchio “Fagorutin”.

Guido Bissanti

Fonti
– Acta Plantarum – Flora delle Regioni italiane.
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.

Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.



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