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Come combattere l’afide bruno del pesco in maniera biologica

Come combattere l’afide bruno del pesco in maniera biologica

L’Afide bruno del pesco (Brachycaudus schwartzi (Börner)) è un Rincote Omottero, della famiglia degli Afididi di colore brunastro con neanidi più chiare e che svolge un ciclo monoico e omotopo sul Pesco. Questo piccolo insetto arreca danni sul pesco sulle foglie e sui giovani germogli; questi organi evidenziano dei marcati accartocciamenti, deformazioni ed arresti o deviazioni di sviluppo. Inoltre si ha una abbondante produzione di melata con le conseguenze dello sviluppo conseguente di fumaggini e risalita di formiche. Il danno maggiore si verifica sulle piante in allevamento. L’Afide bruno del pesco compie l’intero ciclo sul pesco e trascorre l’inverno allo stato di uovo durevole deposto sul legno di almeno due anni o all’interno dei fori midollari degli speroni di potatura. In questo contributo vediamo come combattere l’afide bruno del pesco in maniera biologica e quali accorgimenti agronomici intraprendere.
I danni del Brachycaudus schwartzi sono molto simili, tra la’ltro, a quelli causati da Myzus persicae col quale forma spesso colonie miste. Questo a afide si è diffuso notevolmente in questi ultimi anni, soprattutto nei pescheti più abbandonati o a cui sono state dedicate poche attenzioni agronomiche.

Il contenimento di questo afide si basa essenzialmente su alcuni accorgimenti agronomici di tipo preventivo per favorirne il controllo e la diminuzione della popolazione. Tra questi accorgimenti ricordiamo soprattutto: quello delle potature equilibrate (non eccedere con queste o, viceversa, non abbandonare il pesco a se stesso); di non eccedere con le irrigazioni e soprattutto con le concimazioni a base di azoto nitrico, che possono provocare un eccessivo rigoglio vegetativo; anche eccessive concimazioni organiche possono contribuire ad un eccessivo rigoglio vegetativo con produzioni di tessuti maggiormente appetiti a questo afide.
Interventi fondamentali sono poi quelli nella direzione di un sistema agroecologico. È necessario infatti diminuire l’eccessiva specializzazione degli impianti di pesco (cosa che vale per tutte le coltivazioni), favorendo l’inerbimento e la creazione di siepi con più specie arbustive per favorire il rifugio degli insetti antagonisti.
La vera difesa fitosanitaria consiste pertanto nella creazione di un pescheto con presenza di inerbimenti e con colture da sovescio e siepi che stimolano la presenza e lo sviluppo di ausiliari al fine di riequilibrare la biocenosi di questi afidi, per lungo tempo avvantaggiati dalla lotta chimica fitosanitaria tradizionale.
In determinate condizioni, soprattutto di giornate umide con aumento improvviso delle temperature, questi afidi tendono ad aumentare vertiginosamente la loro velocità di riproduzione; in questi casi l’azione degli antagonisti può manifestarsi quando le colonie di afidi sono già molto sviluppate, per cui è opportuno rallentare lo sviluppo degli afidi mediante lavaggi con prodotti a base di sapone di potassio o silicato di sodio.
L’intervento preventivo può essere fondamentale nel caso di pescheti dove l’afide negli ultimi anni si è presentato con particolare virulenza. In questo caso, alla ripresa vegetativa, se i campionamenti rilevano la presenza di fondatrici, so possono effettuare trattamenti con piretro o rotenone (in miscela a olio bianco) per ridurre il potenziale di infestazione; a partire da giugno, con la migrazione delle forme alate, si nota una diminuzione della prolificità e l’aumento degli antagonisti naturali, fattori che riducono la pericolosità dell’afide.
Si ricorda sempre che anche se ammessi in agricoltura biologica, piretro e rotenone non sono principi attivi innocui per altri insetti utili, quali soprattutto i pronubi. Il loro utilizzo va solo effettuato con una manifesta reale necessità.



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