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Come coltivare il fico

Come coltivare il fico

Per la coltivazione di questa pianta, che purtroppo sta scomparendo da certi ambiti agricoli, si ricorda che il Ficus carica gradisce climi caldi non umidi, si adatta a qualunque tipo di terreno purché sciolto e ben drenato, non tollera a lungo temperature inferiori ai −10, −12 °C, è peraltro da considerare che la resistenza al freddo è fortemente condizionata dalla maturazione del legno, cioè dalla trasformazione dei rami succulenti ed erbacei in legno compatto, disidratato e soprattutto ricco di resine ed amidi che sono eccellenti antigelo, (naturalmente tali accumuli, che possono essere determinanti per la resistenza al freddo, si hanno con estese insolazioni estive).
La coltivazione di specie necessitanti la fecondazione da Blastophaga psenes è limitata dalla temperatura di sopravvivenza della stessa, che è di circa −9 °C; in assenza di fecondazione i frutti acerbi cadono e sono detti “caduchi”. In ambienti dove sia assente l’agente fecondatore è praticata la coltivazione delle sole varietà che hanno la caratteristica di maturare i frutti anche se non sono fecondati (detti permanenti o partenocarpici); quasi la totalità delle varietà coltivate in Italia sono a frutti partenocarpici.

Per quanto riguarda il caldo a +45, +46 °C, o con aridità estrema, la pianta arresta i processi vegetativi e subisce la caduta delle foglie. Le notti calde favoriscono la produzione dei frutti mentre il ristagno di acqua la pregiudica. Dotato di un apparato radicale potente resiste bene alla siccità e ai terreni salsi e incolti, in particolare come apparato radicale di una pianta da clima semidesertico, è particolarmente efficace nella ricerca dell’acqua; le radici sono molto invasive, in un giardino possono penetrare in cisterne, condotti o scantinati. Il fico è una delle poche piante da frutta che resista senza problemi ai venti salini in tutte le fasi vegetative, condizione che l’accomuna al solo Fico d’India; nessun altro fruttifero principale dell’ambiente italiano ha tale condizione.
La tecnica della potatura è legata alla rimozione delle parti superiori dei rami, oppure per il superamento della stagione invernale, (che può danneggiare i rami per causa del gelo). Il gelo può non influenzare la sopravvivenza della pianta, elimina o danneggia le gemme mature che produrrebbero i fioroni la successiva estate, e quindi ne compromette la fruttificazione. La conservazione in vita della parte basale permette l’invecchiamento del legno, fatto che rende la pianta più resistente al gelo.
Per questo motivo la condizione migliore per evitare i danni da freddo per una pianta di fico (in condizione estreme per il freddo) è quella di porla in ambiente il più possibile soleggiato, secco, e meno esposto al freddo in modo naturale. Poco efficace è la tecnica di costituire ripari artificiali (teli, coperture, ecc) che può indurre la pianta ad un parziale risveglio vegetativo che rende la stessa più vulnerabile.
La concimazione consigliata è quella con sovescio di leguminose, o con concime organico; è da evitare l’uso di concimi azotati di sintesi che privilegia eccessivamente il rigoglio della vegetazione, a scapito della fruttificazione.
Per quanto riguarda la riproduzione del fico, quella per semina è molto agevole, ma è complicata per il fatto che occorre prelevare semi da frutti sicuramente fecondati, cosa comune ad ogni modo nei paesi caldi; tale complicazione è dovuta soprattutto al fatto che si hanno 50% di probabilità di avere alberi caprifichi e 50% fichi commestibili. Ulteriore complicazione è la presenza di altre caratteristiche indipendenti, come quella della caducità dei frutti non fecondati, ovvero della partenocarpia, maturazione anche senza fecondazione. Fatto determinante è che al di fuori di tutto il resto la riproduzione per seme semplicemente non assicura la qualità e le caratteristiche dei frutti nella nuova varietà prodotta. In ogni caso però la riproduzione per seme è l’unica via ovvia per ottenere nuove varietà.
Avendo comunque a disposizione sia alberi di Caprifico che di Fico è possibile praticare una sorta di fecondazione assistita (caprificazione), ponendo i frutti del caprifico, in imminenza della sciamatura degli insetti, presso il fico femmina. La procedura, fondamentalmente semplice, è ovviamente condizionata però dalla conoscenza della complessa fisiologia di fioritura dei siconi. Con la stessa conoscenza è relativamente facile la impollinazione artificiale, trasferendo il polline aprendo il frutto di caprifico ed insufflandolo nel frutto del fico femmina.
Altra tecnica di moltiplicazione possibile è quella per talea di ramo maturo (invernale), prelevando gli apici lignificati dei rami (di gran lunga la più usata), per talee legnose a luglio, per innesto (meno usato) a pezza, corona e gemma; in natura il fico tende naturalmente a moltiplicarsi per polloni basali e per propaggine cioè per radicazione dai rami appoggiati al suolo ed in contatto col terriccio, soprattutto se umido. Il prelievo dei polloni basali è una ulteriore maniera di moltiplicazione, che però non assicura la qualità della fruttificazione se l’albero è innestato.
Alcune varietà possono produrre due tipi di frutti, i primi si raccolgono a maggio giugno e sono chiamati i “fioroni”, sono generalmente di grossa pezzatura, mentre la seconda produzione, detti “fichi veri”, si raccolgono ad agosto-settembre e sono di pezzatura inferiore rispetto ai fioroni. Le piante che producono frutti due volte l’anno sono chiamate “bifere”, mentre quelle che producono una sola volta l’anno sono chiamate “unifere”.




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