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Ecosistemi

Chiariamo un Equivoco: Una foresta distrutta non si può ricostruire

Chiariamo un Equivoco: Una foresta distrutta non si può ricostruire

Prima che passi un ulteriore messaggio da parte degli speculatori e degli avvoltoi dei disastri, è opportuno chiarire, soprattutto a chi non è della materia (e cioè gran parte delle persone comuni) che quando una foresta viene distrutta (per incendio, disboscamento, frane, ecc.) non è più possibile ricostruirla. Solo la Natura può farlo in un periodo non a misura d’Uomo.
Questa premessa mi pare utile per fuorviare tutti coloro che si stanno affrettando, sulla base di Valutazioni di Impatto Ambientale e di ripristini che hanno dell’incredibile, che dopo una distruzione (per es. per un’opera pubblica) basta piantare alcune specie forestali che il ripristino sia effettuato.
È una affermazione di una pochezza scientifica senza appello.
Una foresta è di per se un unico organismo, dove troviamo alberi, funghi, felci, scoiattoli, uccelli, ecc.. Questi esseri viventi sono in equilibrio (simbiosi, mutualismo, commensalismo, ecc.) tra di loro a tal punto che la sola eliminazione di uno di essi crea notevoli squilibri all’interno dell’Organismo Foresta.
Ad alimentare questo Organismo c’è l’aria, il sole, il cielo, le nuvole, le variabili ecologiche e morfologiche (biotiche ed abiotiche).
In questo dinamismo tutto il complesso resta in sostanza ciclicamente simile a sé stesso, almeno se consideriamo i tempi che qui ci interessano.
Una perfetta conoscenza dell’ecologia (oggi materia ancor poco compresa anche dal punto di vista energetico e termodinamico) ci fa percepire  di far parte integrante di un Complesso molto più vasto, l’Ecosistema (o la Terra), e quindi di avere come primo valore la buona salute di questo Organismo.
Poiché tutti i viventi e gli ecosistemi sono sistemi altamente complessi, ne consegue che è corretto attribuire a tali entità la denominazione di “esseri senzienti”. Così è per una foresta, che ha una grande varietà di viventi e di relazioni organiche/inorganiche. Una foresta vive, reagisce, si comporta, risponde e quindi elabora “pensieri” da noi non percepibili con le nostre categorie di ragionamento razionale e riduzionistico.
Ora in questo fluire di dinamiche, energie, equilibri, azioni e reazioni, il sistema foresta si mantiene in questo modo a tempo indeterminato senza grosse variazioni permanenti, a meno che non ci siano azioni drastiche che lo fanno uscire dalle sue capacità di auto correggersi. Il bosco si mantiene in modo autonomo, senza interventi esterni, a parte la necessità che venga rifornito continuamente di energia solare, che restituirà alla fine dei suoi processi: non può accumulare continuamente energia, altrimenti non sarebbe in condizione stazionaria, o vitale. Il flusso energetico è  indispensabile, come in tutti i viventi, che sono “strutture dissipative”, cioè si mantengono in condizioni stazionarie lontane dall’equilibrio termodinamico attraverso un fluire di energia.
Gli umani sono una componente di questo sistema totale: possono vivere soltanto se si mantiene in vita il complesso di cui fanno parte.
L’emergenza di fenomeni cognitivi nei sottosistemi del bosco (così come di tutta la complessità della Vita) significa che si formano esseri collettivi mentali, e così possiamo comprendere meglio le tradizioni sugli gli Elfi, o le altre entità presenti nelle tradizioni di tutti i popoli delle foreste.
L’esistenza di questi esseri cognitivi collettivi ha una durata, come detto, di un ordine di grandezza molto superiore alla durata di vita di ogni singolo componente, o di qualunque vivente in senso materiale-biologico. Infatti, proprio secondo tutte le tradizioni, gli Elfi “sono immortali”. Vivono tanto più a lungo di noi, che sono stati considerati in pratica come immortali.
A riprova di quanto detto anche gli esseri umani partecipano a questo scambio cognitivo quando vengono a contatto con la Natura. Le emozioni che si provano nell’immersione in una foresta intatta sono l’esempio degli scambi che stabiliamo con questi esseri “senzienti” e del benessere “cognitivo energetico” che ne riceviamo.
Nel bosco quindi tutti gli esseri, in un sistema a connotazione di elevata diversità e prossimità stabiliscono rapporti energetici altamente sobri e con bassissimo uso di energie ambientali.
Invece, nei campi coltivati della civiltà industriale si impiegano grandi quantità di sostanze chimiche: fertilizzanti, antiparassitari, energia proveniente da molto lontano (prodotti petroliferi), e così via.  Poiché il campo non ha una sufficiente varietà interna per autosostenersi, deve essere continuamente “mantenuto” con sostanze estranee molto pericolose.
Questo fenomeno, definito da una cultura scientificamente tutta da rivedere, “Rivoluzione Verde” ha generato una distorsione del pensiero umano frutto della mancata compartecipazione all’energie cognitive collettive della Natura. Ci siamo alienati da essa e non riceviamo più i dovuti contributi cognitivi e mentali.
Tutto ciò è avvenuto negli ultimi 50-60 anni, un attimo nella storia dell’umanità.
Così quando perdiamo una foresta per qualunque motivo non c’è possibilità alcuna di ricostruire quell’essere vivente e, vi assicuro che, leggendo le Valutazioni di Impatto Ambientale, di alcune Opere di Ripristino, come recitava in una nota trasmissione televisiva Lando Buzzanca, “mi vien ca ridere”. Anche se sinceramente piango per i nostri figli ed i nostri pronipoti.

Guido Bissanti




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