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Valeriana officinalis

Valeriana officinalis

La valeriana comune (Valeriana officinalis L., 1753) è una pianta a fiore appartenente alla famiglia delle Valerianacee. Tra le Valeriane è la più nota di un genere, costituito da più di 150 specie.

Sistematica –
Dal punto di vista sistematico la valeriana comune appartiene al Dominio Eukaryota, al Regno Plantae, Divisione Magnoliophyta, Classe Magnoliopsida, Ordine Dipsacales, Famiglia Valerianaceae e quindi al Genere Valeriana ed alla Specie V. officinalis.

Etimologia –
Il nome botanico generico deriva dal latino “valere” = star bene, e come il nome specifico fa riferimento all’uso officinale della pianta. Il nome popolare, erba dei gatti, proviene dal fatto che la pianta fresca esercita un’attrazione di tipo “stupefacente” sui gatti ed è forse questo il motivo per il quale, pur essendo decorativa, la si incontra raramente nei giardini.

Distribuzione Geografica ed Habitat –
La Valeriana officinalis predilige soprattutto gli ambienti freschi e umidi (mesofita) e cresce spessp ai margini dei boschi e nei prati ombrosi fino a una altitudine di 1.400 metri. Questa specie è maggiormente diffusa nelle regioni boscose europee e in misura minore anche in Nord America e delle regioni tropicali sudamericane.

Descrizione –
La valeriana comune è una pianta erbacea e perenne, con breve rizoma stolonifero, fusto eretto e solcato in superficie da scanalature, radici fibrose che emanano uno sgradevole e penetrante odore; questa specie, in condizioni ottimali, può raggiungere altezze di circa 150 cm.
Presenta foglie opposte e prive di stipole, con picciolo presente solo nelle inferiori (le superiori sono sessili); tutte le foglie si presentano composte e imparipennate, costituite da 11-19 foglioline a lamina intera o dentata e di un bel colore verde intenso.
I fiori sono leggermente profumati e si trovano riuniti a formare un particolare tipo di infiorescenza che è il corimbo; si tratta di fiori ermafroditi, con calice ridotto e corolla a 5 petali, tubolare e dal colore rosa chiaro; l’androceo è composto da 3 stami, il gineceo da un pistillo tri-carpellare con ovario infero e uniloculare. La fioritura di questa specie avviene nel periodo di aprile-giugno e l’impollinazione è entomogama (cioè tramite Insetti).
Il frutto della Valeriana officinalis è un achenio striato provvisto di setole piumose derivanti dalla modificazione dovuta al fatto che i piccoli denti del calice subiscono con la maturazione. La loro presenza ne aiuta la dispersione per mezzo del vento.
È un’erba amara, con aroma muschiato; le parti ipogee vengono raccolte per le proprietà ipotensive, sedative, ansiolitiche, diuretiche, antispasmodiche, anticonvulsive, analgesiche e antinevralgiche.

Coltivazione –
Per la tecnica di coltivazione vedi la seguente scheda.

Usi e Tradizioni –
L’uso della Valeriana come ipnoinducente è antico ed è stato descritto già nel IV secolo a.C., da Ippocrate, padre della medicina moderna. La valeriana che ha odore sgradevole, anticamente veniva chiamata fu, il termine Valeriana apparve per la prima volta intorno al X secolo. Dioscoride la raccomandava come diuretico e antidoto contro i veleni, Plinio la considerava un analgesico, mentre Galeno la prescriveva come decongestionante.
Già nel XII secolo la badessa ed erborista tedesca Hildegard von Bingen, raccomandava la Valeriana come tranquillante e sonnifero. Nel XIII secolo, per liberare dai topi Hamelin, un villaggio tedesco, gli anziani assoldarono un suonatore itinerante di flauto. Nella versione moderna di questa storia, i poteri del pifferaio risiedono interamente nella musica, ma l’antico folclore tedesco attribuiva al pifferaio conoscenze erboristiche e pare che proprio con la radice Valeriana riuscisse ad ipnotizzare topi e bambini.
Il nome comune di “Erba gatta”, le deriva dal fatto che la pianta fresca esercita un’attrazione “stupefacente” sui gatti. Contiene infatti sostanze chimiche analoghe a quelle presenti nella nepeta.
Mattioli ne scrive a proposito dei gatti “… sono amicissimi della valeriana e di essa si dilettano meravigliosamente i gatti, di modo che vi vengono all’odore assai di lontano e se la mangiano avidamente”.
Dall’osservazione di questi fenomeni si trasse la conclusione che quest’erba agisse in qualche modo sul sistema nervoso. Fabio Colonna (1567-1640) abbandonata l’attività forense a causa della salute cagionevole si dedicò allo studio della medicina, della storia naturale e della botanica, divenendo ben presto un esperto del settore. Affetto da epilessia volle curarsi con la polvere di questa pianta e venne così a scoprirne le proprietà antiepilettiche. Nello stesso periodo Lazàre Riviére (1589-1655), medico di Montpellier, dopo esperimenti condotti sui suoi pazienti, giungeva alle medesime conclusioni, ritenendo la Valeriana dotata di efficacia curativa sul SCN e ritenendola pertanto efficace nella cura dell’epilessia.
I primi coloni arrivati nel nuovo mondo, scoprirono che diverse tribù indiane usavano le radici polverizzate della specie spontanea americana di Valeriana per curare le ferite.
La Valeriana fece il suo ingresso nella Farmacopea degli Stati Uniti come tranquillante nel 1820 e vi rimase sino al 1942.
Durante la prima guerra mondiale divenne in Europa, un rimedio comune per contrastare lo stress causato dai continui bombardamenti dell’artiglieria, così come durante la seconda guerra mondiale, fu usata in Inghilterra per alleviare lo stress causato dai raid aerei ed ebbe molto successo nella cura della psicosi traumatica.
Oggi la valeriana viene usata soprattutto per combattere stati d’ansia, disturbi del sonno, attacchi di panico, tachicardia ecc..
In sintesi viene indicata contro: ansia, stress, crampi, depressione, dismenorrea, insonnia, orticaria, ipocondria, isteria, coliche, irritabilità da menopausa, emicrania, nervosismo, palpitazioni, dolori muscolari.
In fitoterapia viene utilizzata la tintura, talvolta abbinata a quella di altre erbe sedative, quali melissa o luppolo. In dosi modeste (sotto le quantità indicate nella posologia), il rimedio può avere un effetto paradossale perché diventa un eccitante. Usata per facilitare il sonno non ha i classici effetti degli ipnotici e quindi non provoca pesantezza mentale al risveglio. È presente nelle farmacopee di numerosissimi paesi dove è in commercio sia in preparazioni farmaceutiche che erboristiche. Viene utilizzata come infuso, tintura, capsule, compresse.
Per uso interno in caso di insonnia, isteria, ansia, crampi, emicrania, digestione difficile per cause nervose, ipertensione, mestruazioni dolorose. Quest’erba è considerata una valida alternativa alle benzodiazepine per il trattamento dei disturbi del sonno transitori.
Per uso esterno in caso di eczema, ulcere e piccole lesioni, per alleviare il dolore di contusioni, lombaggine e stiramenti muscolari.
L’olio è impiegato nella produzione di profumi muschiati.
Gli estratti possono essere utilizzati per aromatizzare gelati, prodotti da forno, bevande analcoliche, bibite birra e tabacco e sono particolarmente importanti nell’aroma di mela; utilizzati purtroppo, anche come esca nelle trappole per roditori e gatti selvatici.
Le parti usate della valeriana sono le radici, in essa troviamo quegli elementi che la fanno essere un ottimo sedativo. La valeriana non va consumata da bambini piccoli o donne in fase di allattamento o gravidanza.
Come abbiamo detto e la maggior parte di noi sa, la valeriana è un ottimo calmante e un ottimo aiuto per chi soffre d’insonnia; attenzione però a non esagerare con le dosi; ingerirne infatti quantità troppo elevate può provare mal di testa, vertigini, appannamento della vista, nausea e vomito.
La Medicina popolare conosce e utilizza la Valeriana da tempo immemorabile.
Tutte le specie di valeriana contengono i seguenti componenti: olii essenziali (esteri dell’acido valerianico, acido valerenico, cariofillene, terpinolene, valerenolo, valerenale e composti diterpenici noti col nome di iridoidi); alcuni alcaloidi (valerina, actinidina, catinina e alfa-pirrilchetone); dei flavonoidi (linarina, 6-metilapigenina ed esperidina).
La parte che si usa è la radice della pianta che però, come detto, ha un odore sgradevole.
Il meccanismo d’azione dei suoi costituenti è abbastanza ben conosciuto. Si deve agli esteri degli acidi valerianici e agli iridoidi l’inibire l’enzima animale acido gamma-aminobutirrico transaminasi, preposto alla degradazione metabolica del neurotrasmettitore gamma-aminobutirrato (GABA). Questo mediatore chimico è notoriamente associato a fenomeni neuronali di tipo inibitorio ed è responsabile anche dell’induzione del sonno nell’uomo.
Studi più recenti hanno evidenziato che anche alcuni degli alcaloidi possono avere una influenza più o meno diretta sul metabolismo del GABA, ma il loro meccanismo è ancora poco chiaro. Infine, pare che alcuni dei terpeni e dei flavonoidi possano fare da agonisti con i recettori dell’adenosina (quelli inibiti dalla caffeina) ed essere in parte responsabili dell’azione ipno-inducente, spasmolitica a livello intestinale e riducente sulla pressione arteriosa.
Controindicazioni da seguire sono quelle di non somministrare a bambini sotto i 6 anni o a donne in stato di gravidanza o allattamento. Non può essere utilizzata inoltre da chi ha problemi ai reni in quanto è diuretica nè se si assumono medicinali contro l’insonnia, antistaminici, psicofarmaci e stupefacenti perché si rischia di finire in uno stato catatonico. La valeriana che non è consigliata durante la gravidanza se non in dosi molto piccole e sotto la supervisione di un medico, non è raccomandata alle persone con pressione sanguigna bassa e a chi soffre di ipoglicemia. Inoltre l’assunzione di Valeriana può produrre una lieve riduzione dell’attenzione e della concentrazione. In seguito ad assunzione prolungata possono comparire cefalea, disturbi gastrointestinali, irrequietezza, agitazione, insonnia o sonnolenza diurna e difficoltà nel risveglio mattutino. Non è segnalata in letteratura alcuna controindicazione alle dosi terapeutiche normali, ma la Valeriana officinalis non dovrebbe essere usata in concomitanza con benzodiazepine o barbiturici perché può determinare un incremento della depressione del SNC; con oppioidi ed etanolo perché può aumentare il loro effetto sedativo. Infine dosi elevate di estratto di valeriana possono mettere in pericolo il fegato e il sistema nervoso centrale oltre a portare letargia.

Modalità di Preparazione –
Il modo più frequente per utilizzare la valeriana è in tisana oppure in pillole: si possono usare le foglie disidratate che si trovano in erboristeria oppure farsela a modo proprio prendendo la valeriana fresca e mettendola in infusione per 10 minuti dentro acqua bollente, quindi filtrando e bevendo.
In cucina spesso la si utilizza per preparare delle frittelle o anche come ornamento per insalate, pomodori e piatti freddi sempre con moderazione: per esempio se decidete di preparare delle frittelle con la valeriana dovete assicurarvi che ci sia anche un ingrediente “forte” al loro interno, le alici per esempio, in quanto di per sè il sapore della valeriana è amarognolo e dunque necessita di essere bilanciato così come deve essere bilanciata la sua proprietà calmante, per evitare che gli ospiti si affloscino sul divano di casa vostra in preda alla sonnolenza.
Con la valeriana vengono apprestati dunque i seguenti preparati:
Infuso: 2-3 g per tazza da 1 a più volte al giorno;
Tintura: 1/2 – 1 cucchiaino da 1 a più volte al giorno;
Estratti: la dose corrispondente a 2-3 g da 1 a più volte al giorno;
Pillole: 3 capsule al giorno.

Guido Bissanti

Fonti
– Wikipedia, l’enciclopedia libera.
– Treben M., 2000. La Salute dalla Farmacia del Signore, Consigli ed esperienze con le erbe medicinali, Ennsthaler Editore
– Pignatti S., 1982. Flora d’Italia, Edagricole, Bologna.
– Conti F., Abbate G., Alessandrini A., Blasi C. (a cura di), 2005. An annotated checklist of the Italian vascular flora, Palombi Editore.

Attenzione: Le applicazioni farmaceutiche e gli usi alimurgici sono indicati a mero scopo informativo, non rappresentano in alcun modo prescrizione di tipo medico; si declina pertanto ogni responsabilità sul loro utilizzo a scopo curativo, estetico o alimentare.




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