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Foreste e Ricchezza

Foreste e Ricchezza

Marzo 2017 – Che la politica economica fosse basata su parametri discutibili è cosa oramai sempre più evidente. Gli effetti delle politiche economiche su società ed ambiente degli ultimi 50 anni non hanno bisogno di particolare analisi. Per loro parlano da soli i fatti.

Recitava così Marco Porzio Catone (234 a .C. – 149 a .C.) in “De agricoltura”: “Se non potessi vendere legname e fascine e non avessi pietra da farne calce, col legname fa’ carbone, e le fascine e i sarmenti che ti avanzeranno bruciali sui terreni da coltivare, e poi seminaci papaveri”.
Altri tempi potremmo pensare ed altra consapevolezza.
Ma adesso, e direi finalmente, anche la ricerca inizia a mettere un po’ d’ordine in materia entrando nel merito del rapporto tra biodiversità e controvalore monetario e, chiaramente, sociale.
Che la biodiversità fosse fonte di ricchezza è questione di dominio pubblico. Ma tra la coscienza ambientale ed una valutazione economica ne passa.
Per dimostrare che la biodiversità delle foreste rappresenti una ricchezza anche in termini economici ci ha pensato uno studio condotto dalla West Virginia University (USA), al quale ha collaborato il gruppo di ricerca del Dipartimento di Scienze delle produzioni agroalimentari e dell’ambiente (Dispaa). I dati sono inequivocabili e dimostrano come ad un buon patrimonio forestale, soprattutto in termini di biodiversità, corrisponda una equivalente ricchezza economica.
Il team internazionale, composto dai ricercatori di oltre 90 centri di ricerca nell’ambito della Global Forest Biodiversity Initiative, ha documentato che la riduzione della diversità nelle foreste del mondo ha un costo. Applicando modelli economici che tengono conto di criteri di sostenibilità stabiliti dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura – FAO, i ricercatori hanno valutato tali costi da un minimo annuale di circa 160 miliardi, in caso di riduzione della diversità del 10%, fino a 500 miliardi di dollari, nell’ipotesi in cui tutte le foreste miste dovessero essere convertite in monocolture. Al contrario la ricchezza di specie vegetali diverse non solo è importante per la conservazione di tali ambienti, ma è necessaria per mantenere i prodotti e i servizi per le future generazioni.
Dallo studio emerge nettamente che sono proprio le foreste ad avere il maggior grado di biodiversità e come questa rappresenti non solo il miglior modello termodinamico esistente in natura e di conseguenza il miglior rendimento economico di un sistema.
Lo studio ha permesso di raccogliere dati da 770.000 aree con 30 milioni di alberi e oltre 8.700 specie forestali, in 44 paesi, che rappresentano i più importanti ecosistemi forestali, da boreali a equatoriali.
In particolare, i ricercatori del laboratorio di Botanica ambientale ed applicata del Dispaa hanno studiato 36 aree all’interno delle foreste delle Colline Metallifere, in Toscana – nell’ambito del progetto FunDivEurope (7FP, Functional Significance of the Forest Diversity in Europe) – prendendo in considerazione, fra l’altro, le condizioni e lo stato di salute degli alberi, la crescita, la diversità della flora erbacea, l’impatto della selvaggina e i cicli vitali delle piante.

L’analisi dei dati raccolti in tutto il mondo indica che la perdita di ricchezza di specie arboree, attraverso deforestazione, degradazione e cambiamenti climatici, accelera il declino della produttività delle foreste nel mondo, con una riduzione sia dei benefici economici diretti che dei servizi ecosistemici che ne sono collegati.
Dallo studio emerge altresì che con l’aumento del numero di specie aumenta anche la quantità di legname disponibile e utilizzabile. Al declino della diversità corrisponde invece anche il declino della produttività. I dati della ricerca, confluiti nel database mondiale del Global Forest Biodiversity Initiative, dimostrano che la perdita economica associata alla riduzione della diversità può arrivare a 500 miliardi di dollari all’anno nel mondo, più del doppio della spesa necessaria alla conservazione delle foreste.
Oggi in Italia sono coperti da boschi circa 10,9 milioni di ettari. Ci sono circa 20 miliardi di alberi (per l’esattezza nel 2005 ne erano stati censiti 11.949.630.797); una superficie in aumento rispetto agli anni passati. Ma manca un indirizzo politico di governo del bosco e di attività reddituali relative.
Siamo di fronte ad una grande ricchezza in termini di energie, materie prime e filiere produttive. Ma ancora una volta siamo di fronte ad una scarsa sensibilità politica sull’ambiente.
Le Foreste sono una fonte inesauribile di ricchezza diretta ed indiretta.
Diretta per via dei grandi servizi che essa può fornire. Indiretta per via dei benefici da una parte e della tutela del dissesto che esse operano.
Le foreste sono ricchezza ma la Politica non se ne cura.
È necessario che si affronti una volta per tutte e seriamente il governo dei boschi italiani, uscendo da una gestione che, per motivi che non vale nemmeno il caso di citare, non hanno permesso ad oggi di dare quella ricchezza sociale ed economica che solo madre natura è in grado di fornire.
Purtroppo la mancanza di una seria politica della gestione delle risorse boschive, l’assenza pressoché totale dei controlli degli enti preposti alla tutela del territorio, la scellerata avidità dei proprietari dei boschi e la tragica perdita delle antiche e assennate tradizioni culturali che regolavano il loro governo, hanno generato una situazione drammatica che ha seriamente compromesso la funzione ecologica, paesaggistica ed economica dei boschi ed ha inoltre innescato potenziali e gravi situazioni di pericolo per la pubblica incolumità.
Tutto quello che viene fatto distante da essa è solo degrado e decadimento sociale. Urge una nuova coscienza sociale e politica.
Adesso lo sappiamo le foreste sono ricchezza sullo sfondo di una grande povertà politica.

Guido Bissanti